Come ci piace parlare

Capita, non di rado, che nel presentarvi il nostro menu, nel prepararvi un caffè al bancone, nell’accompagnarvi nella camera affittata, nel farvi conoscere i nostri animali da cortile ci scappi qualche parola prettamente veneta. Siamo così, orgogliosi delle nostre origini e un po’ “impacciati” nel formulare una frase di senso compiuto in italiano. Vediamo che vi scappa un sorriso, ma vediamo anche che – con molto entusiasmo – parte anche a voi quella cadenza così autentica e irripetibile. Qui abbiamo raccolto un po’ di parole che tornano nel nostro parlare quotidiano.

dialetto veneto

DELLA NATURA

Piègora / feda: non potevamo non citare le nostre pecore (di razza Foza). Generalmente, per noi, questo animale, in dialetto veneto, è le piègora, ma non è raro sentirla chiamare anche con il termine di origine provenzale, feda che, a sua volta, deriva dal latino “ovis foeta”, cioè pecora che ha figliato.

Fasìne: insieme di spighe, di ramaglie. Tanti i detti veneti che fanno utilizzo di questa parola, tra cui “No aver e fasine al cuerto”, riferendosi a una persona “matta”.

Punaro: pollaio. Costruzione per tenere le galline al coperto, ma con possibilità di uscire all’esterno.

punaro

DELLA CUCINA

Bronsa: brace. Si dice che il termine si rifaccia a radici gotiche, con il verbo brunsts ad indicare il bruciare. In cucina è Marco a “gestire le bronse” grigliando a destra e manca.

Incoconare: pieno di cibo. Probabilmente riprende il termine “boccone” e il latino coquere, cucinare. Tra le vostre frasi preferite, quando vi annunciamo i dolci, c’è sicuramente “a so’ incoconà come i ochi”.

Goto: dal latino gŭttus, nome di un recipiente. Identifica sia il contenitore che il contenuto, ovvero il bicchiere, ma anche, per sineddoche, il vino. “Dei, ’ndemo a bere un goto”.

Rasentin: risciacquare. Nella tradizione veneta questo risciacquo (in dialetto “rasentare”) fa riferimento alla pulizia della tazza di caffè con un goccio di grappa. È il gesto che va a chiudere il pasto.

tagliere

DELLA VITA

Degheio: Disastro. A ripercorrerne l’origine si risale al desìo, il desiderio, da leggere come mancanza di regole. Un po’ quello che accade quando arriviamo a sera, cotti, ma felici e, con fare caotico, brindiamo alla bella giornata trascorsa.

Selvadego: selvaggio. Tipico comportamento di Tino l’agnellino, un “selvadego” di prima categoria, che ignora le buone maniere e si comporta come un fanciullino bizzarro.

Anca massa!: Sin troppo! Lo utilizziamo in due contesti: è il nostro modo di approvare le cose, di sostituire un generico “certamente”, ma anche quando vogliamo indicare un’esagerazione.

Bocia: ragazzo. Con estremo affetto appelliamo così i giovani del nostro staff.

Tino agnellino

Conoscete tutte queste parole? Ne avete altre da suggerirci?

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