La nostra intervista a Francesco Gubert
Trentino, una numerosa famiglia (è settimo di nove figli), gli studi in scienze agrarie e da ricercatore. Una stagione in Svizzera a mungere vacche, una in Valsugana da casaro. Oggi Dottore Agronomo e Maestro Assaggiatore di Formaggi. Francesco Gubert è un giovane 37enne esperto di zootecnia di montagna e di sostenibilità delle filiere agro-alimentari “dall’erba al formaggio”. Lo intervistiamo per raccogliere, da un occhio esterno e oggettivo, maggiori informazioni e curiosità sul prodotto per eccellenza delle nostre montagne, il formaggio Asiago DOP.
Francesco, raccontaci cosa sai dell’Asiago.
Per me l’Asiago è uno dei più antichi formaggi italiani, ha più di mille anni di storia. All’inizio si faceva con il latte di pecora e si chiamava “pegorin”. Solo tra il ‘400 e il ‘500 si è diffuso sull’Altopiano dei Sette Comuni l’allevamento di bovini, ed è in quel momento che il prodotto è diventato formaggio di vacca. Per me l’Asiago è il riferimento dei formaggi nelle Alpi orientali. Altri formaggi, quali Vezzena, Montasio… sono tutti parenti dell’Asiago, che ne è il capostipite. È un formaggio incredibile: ha un nome identificativo, Asiago, ma nella sua evoluzione (leggi stagionatura) soddisfa tutti i gusti: da quello fresco, che sa di latte, particolarmente delicato e gradevole, a quello più stagionato, con le sue note saporite e piccanti. Insomma, è un prodotto dalle mille sfaccettature.
Ci descrivi tre caratteri di questo formaggio, a livello di naso?
Un’evoluzione tipica della stagionatura dell’Asiago, a livello di naso, è quella che si rifà al sentore del burro: sull’Asiago giovane, pressato, sentiamo il burro fresco, sul Mezzano sentiamo il burro sciolto, che diventa burro fuso o cotto nelle stagionature molto lunghe, arrivando alla nota di caramello salato nello Stravecchio.
Ci descrivi tre caratteri di questo formaggio, a livello di vista?
L’Asiago fresco cattura l’occhio, perché ha i fori diffusi (in gergo occhiatura): è, per antonomasia, il formaggio italiano con i buchi. Nei formaggi più stagionati quello che si nota, visivamente, è la struttura granulosa: una volta tagliati, ricordano la roccia, la montagna. Anche il colore cambia con il tempo: si va dal bianco avorio al giallo paglierino fino al dorato.
Ci descrivi tre caratteri di questo formaggio, a livello di sapore?
Si parte dalle dolcezze dell’Asiago fresco e, più si va avanti con le stagionature, più si trova la sapidità nei Mezzani, il saporito (umami) e il piccante nel Vecchio e nello Stravecchio.
Ci descrivi tre caratteri di questo formaggio, a livello di tatto?
Parlo di tatto in bocca, chiamato struttura. Qui si va dalle fondenze del giovane (morbido, solubile, a tratti cremoso) alle strutture più tenaci, granulose, friabili, dure dei formaggi stagionati.
Ci descrivi tre caratteri di questo formaggio, a livello di udito?
I formaggi stagionati sviluppano, nella pasta, dei cristalli di tirosina (che ricordano quelli dello zucchero). Quando mastichi, senti sotto i denti la croccantezza delle microstrutture che scrocchiano.
Qual è la tua stagionatura preferita?
Dipende dal contesto. In un aperitivo con un prosecco o uno spritz, amo l’Asiago pressato fatto con latte di malga o prodotto della montagna. Se sono a cena con gli amici e sulla tavola ci sono un Pinot nero riserva, della polenta e piatti succulenti, allora vado su un formaggio Asiago di due anni.
Con cosa accompagni ciascuno di questi pezzi, lato cibo e lato bevande?
- Asiago fresco. Lo abbino con le birre Ipa, estremamente luppolate e dal retrogusto amaro, caratteri che si combinano bene con la dolcezza dell’Asiago fresco. Lato cibo, oserei abbinarlo al cioccolato al latte non troppo dolce o a confetture acide, fresche e fruttate (es. fragolina di bosco, corniola, rosa canina).
- Mezzano. Data la sua sapidità, lo abbinerei con Le Saison, birre originarie della Vallonia, la parte francofona del Belgio, speziate o agrumate. Lato cibo, proverei a intingerlo nel cioccolato fondente (70%) o a presentarlo con confetture e mostarde di pere.
- Vecchio. Qui andrei di Bock, una birra tedesca, scura, con note maltate, tostate e di caramello. Nei formaggi stagionati azzarderei l’accompagnamento di cioccolato bianco. Il Formaggio Asiago Vecchio lo presenterei a tavola abbinato a una confettura di fichi o a confetture di pere speziate con zenzero o cannella.
- Stravecchio. Qui ci sta una pinta di Italian Grape Ale, uno stile di birra aromatizzato con mosto d’uva. Sul piatto, accanto alle scaglie di Stravecchio, metterei una calda melata di abete o mostarde con, all’interno, aceto balsamico e cipolle rosse.
Quale abbinamento hai provato con il formaggio Asiago che ti ha stupito in maniera inaspettata?
Quello tra lo Stravecchio e la birra Orval, una birra Trappista prodotta nell’Abbazia di Orval, stagionata in bottiglia. Entrambi esprimono il valore del tempo, del saper aspettare.
Io, poi, amo la cacio e pepe che, solitamente, si fa con il pecorino. Ma con gli Stravecchi di malga si può fare la “malga e pepe”, un’interpretazione nordica di un piatto romano. Si realizza una crema grattugiando lo Stravecchio di malga e aggiungendo acqua di cottura e pepe, si salta la pasta in questo composto e… buon appetito!