La nostra intervista a Marco Martello
Le nostre montagne sono culla di menti creative. Danno i natali a persone che sanno, con amore e dedizione, ricambiare il favore del grande dono della Vita “rivitalizzando”, e scusate il gioco di parole, ciò che apparentemente può sembrare morto (rami secchi, tronchi tagliati…). È il caso di Marco Martello, in arte Martalar. Nomen omen, nel suo nome il suo destino: quello di scultore. I suoi laboratori sono i boschi e una stanza a Mezzaselva di Roana che profuma di legno e resina. E proprio qui, a Mitteballe, ha pensato SelvArt, un percorso di installazioni d’arte nei boschi visitabile gratuitamente tutto l’anno. Lo abbiamo avvicinato per farci raccontare qualcosa in più di lui e della sua professione. E con Martalar diamo il via al nuovo format di interviste ad amici altopianesi che ospiteremo nel nostro blog.
Marco presenta Marco. Ovvero: Marco Martello, in arte Martalar, si presenta. Chi sei?
Sono un uomo normale, nato a Mezzaselva, poi trasferitosi in pianura, a Schio e Thiene, in provincia di Vicenza, e infine tornato tra le amate montagne. Martalar è un originario cognome cimbro che, tradotto letteralmente, significa boscaiolo.
Accanto ai 4 elementi canonici di cui è composto il mondo (acqua, terra, aria, fuoco) dovremmo aggiungere, in riferimento a te, il legno. Cos’è per te questo materiale?
Il fuoco, visto che il legno viene usato per essere bruciato fin dalla notte dei tempi. Spesso lo uso anche per le mie opere.
Quando hai capito che il legno sarebbe diventato il tuo lavoro?
Ho capito che il legno più che altro è il tramite, il ponte che lega l’arte, l’uomo e la natura.
Quali legni prediligi nelle tue opere?
Quelli che trovo caduti in bosco: rami, radici divelte. Tendenzialmente non compro legno, ma tendo a cercare vecchi travi, per esempio, o alberi morti nei giardini.
Ricordi ancora la prima opera? E l’ultima?
La prima opera fu una mano o, almeno, un abbozzo di mano. L’ultima è sempre quella che sto facendo in questo momento, non ancora finita.
A chi / cosa pensi mentre lavori?
La situazione ideale è quando non pensi e ti perdi.
Cosa ascolti mentre lavori?
A volte ascolto musica, ma per la maggior parte del tempi amo il silenzio.
A chi sono destinate le tue sculture?
A collezionisti e amanti di opere d’arte, ma anche a luoghi pubblici che amo in maniera particolare. In quest’ultimo caso bisogna ringraziare gli enti pubblici che sono particolarmente sensibili nel sostenere e finanziare opere d’arte.
Sei un affermato scultore dell’Altopiano di Asiago, il tuo laboratorio è a Mezzaselva di Roana, lì hai dato vita anche a SelvArt. Insomma, che rapporto hai con le tue montagne?
SelvArt per me è la massima espressione dove un artista ambientale si può esprimere. Dedico molto tempo libero in questo bosco, amo vedere persone, famiglie che lo visitano, respirano, camminano e assaporano l’arte che si fonde con la natura.
E, a proposito di SelvArt, da quale intuizione è nato questo Parco natural-artistico?
Semplicemente dalla voglia di scolpire in bosco: da lì è nata l’idea di chiedere un contributo ad altri artisti e creare, negli anni, questo percorso.
Tra le ultime tue opere figura il leone alato.
Il leone è stata l’opera più grande che ho fatto, volevo dare un messaggio di forza e rinascita. Anche da un evento come la tempesta Vaia può nascere bellezza.
Quali altre opere hai… “in cantiere”?
Io scolpisco tutti i giorni, per me è vitale dar forma alle mie idee. Ho un paio di lavori importanti pubblici, un viaggio in Germania e uno in Finlandia sempre per opere pubbliche.
Dove possiamo ammirare le tue sculture?
Nel mio laboratorio ho molte opere che si possono vedere, come si può vedere da dove nascono. Con il Covid anche il settore mostre e musei è stato colpito, e quindi le esposizioni sono praticamente saltate tutte.
Un saluto agli amici di Malga Col del Vento.
Un saluto a tutti gli amici di Malga Col del Vento e un invito a venire a visitare SelvArt e il mio laboratorio.