Cogito ergo sum
Marito, padre, geometra, casaro, malgaro, pastore. Tutto ha concorso a definire l’uomo che sono. Le professioni in cui mi impegno, i ruoli che la vita mi ha affidato, le persone che mi circondano e… gli animali che allevo.
Moglie appassionata del mondo equestre da una parte, nonno pastore di pecore dall’altra, inevitabilmente anche io mi sono legato all’universo animale.
Aggiungiamo l’attaccamento alla mia terra, l’Altopiano dei Sette Comuni, e scaturisce una visione dell’allevamento di animali che fa un salto alle origini.
Tutto ha inizio nel 2015…
Cinque anni fa ho stravolto la mia vita buttandomi a capofitto nell’attività di malgaro.
Lo stabile privato Malga Col del Vento era chiuso da 10 anni. Appena visto, me ne sono innamorato: aveva tutte le carte in regola per diventare luogo di vita e di accoglienza, di buon cibo e di benessere. A quel punto, un bivio: buttarsi a capofitto in questa avventura (di cui sapevo gran poco) o rimanere con un rimpianto? Ho scelto la prima via e ho dato l’avvio ai lavori di ristrutturazione nel 2015 per la parte ristorativa.
15 ettari di pascolo
Attorno alla struttura 15 ettari di pascolo “mi chiedevano di essere considerati”. Ho così proposto al proprietario della terra di concludere anche quell’affitto per utilizzare le potenzialità del territorio al 100%. Così ho aperto l’azienda agricola. Ma come impostare questa attività? Scelsi di inserire come allevamento qualcosa che non mi portasse grossi impegni, ma che regalasse a me e alla comunità tutta un valore aggiunto. Decisi di portare sulla mia terra le pecore di razza Foza.
Pecore di razza Foza
“L’origine della pecora di Foza o dei Sette Comuni, conosciuta anche come Vicentina per la grande diffusione, non è certa. In epoche passate, nell’area attualmente considerata come la culla di origine della razza (Altopiano di Asiago e in particolare il comune di Foza), vi furono contatti con greggi di pecore di razza Lamon, provenienti dall’omonimo comune bellunese o da Castel Tesino (Tn), che nel periodo estivo utilizzavano i pascoli alti dell’Altopiano (in particolare quelli della piana di Marcesina)” (fonte: www.museodifoza.it).
Volevo le pecore, come mio nonno, perché erano immagine di casa mia e dell’Altopiano dei Sette Comuni.
L’iter burocratico
Questa razza ovina me la sono sudata! Ho contattato l’azienda sperimentale che la gestisce, ho conosciuto il tecnico regionale che affida i capi con il contagocce. Mi hanno tenuto presente, ma temporeggiavano. Nel frattempo mi sono mosso su altre strade, contattando allevatori. Sono arrivato, dopo qualche peripezia, a un signore di Bassano del Grappa. Contattato, sono sceso da lui, e ho acquistato nel 2017 le prime 7 pecore. Non avevo esperienze pastorizie pregresse, non conoscevo l’animale. Ho iniziato a conoscere le pecore convivendoci (sono stato caricato dal montone più volte): seguono una linea matriarcale, una capa gestisce la situazione e, una volta compreso l’imprinting con il pastore, dà fiducia e confidenza. In questa maniera si è creata una buona relazione tra noi. Ci siamo capiti, ho tolto le reti del recinto, sono iniziati i primi parti, il confronto con veterinari e l’ULSS dell’Altopiano dei Sette Comuni.
E oggi?
Sono cresciuto anche io, culturalmente parlando. Ho imparato a tosare, scoprendo muscoli che non immaginavo di avere. I parti sono costanti, spesso gemellari, gli animali si nutrono bene, prevalentemente di erba e pochissimo mais (come natura vuole). Oggi posso contare 16 capi adulti e 8 agnelli impiegati nella produzione di lana e nella ristorazione, poiché c’è molta richiesta di cucina povera e tradizionale.
La filosofia che seguo, i metodi che intraprendo nell’allevamento e nella ristorazione sono un inno all’ecosistema altopianese, un canto di lode alla mia terra.